Sul mercato alla base della vendita c’é il bisogno, questo può essere reale o indotto; non c’é grande differenza tra i due, l’importante é che l’acquirente sia convinto di trarre benessere o profitto entrando in possesso di questo o quell’oggetto.
I pubblicitari lo sanno bene e sanno altrettando bene che questo meccanismo é più emotivo che razionale.
Il genere umano é trasportato più dai sentimenti che dalla ragione.
Allora capita che il prodotto smetta di essere consigliato per la sua effettiva utilità e diventa un simbolo associato liberamente a momenti di felicità e benessere, travalica i limiti della sua funzionalità e lo si propone per soddisfare i bisogni di sicurezza e protezione.
A seconda dei casi può essere elemento di prestigio in società o strumento di seduzione.
Sono 1000 i modi in cui i prodotti attraverso mass-media e pubblicità promettono di esaudire i desideri più profondi.
Sono riusciti a fare lo stesso con l’elemento acqua, il più diffuso sul nostro pianeta.
L’acqua non é più un elemento primario all’origine di ogni forma vivente, é diventata un prodotto.
Ha smesso di essere un liquido incolore, inodore e insapore per essere invece identificata nella forma di quella particolare bottiglia o nel disegno di una certa etichetta e come per magia ha acquisito il potere di guarire, far dimagrire, portare serenità in famiglia ecc.ecc.
E’ cosi che la grande maggioranza delle famiglie italiane ha smesso di approvigionarsi di acqua e ha cominciato a comprare l’imballaggio che la contiene.
Un imballaggio che costa salato, in termini economici (un litro di acqua minerale costa fino a 1000 volte di più di uno di acqua corrente) ma soprattutto a livello ambientale.
Vediamo in che proporzioni:
La fine degli anni ’60 hanno visto la comparsa del PVC (policloruro di vinile)che ha cominciato gradatamente a sostituire il vetro, materiale più sano ma sicuramente più costoso, pesante e scomodo nella gestione del vuoto a rendere.
Successivamente negli anni ’80 sono arrivate le bottiglie di PET (polietilene terftalato) che hanno ormai rimpiazzato completamente quelle in PVC, mentre quelle in vetro sono ormai in via di estinzione, resistendo solo in qualche nicchia di mercato vantando proprietà “terapeutiche”.
E’ cosi che ogni anno vengono prodotte 1,7 milioni di tonnellate di bottiglie di plastica, il cui riciclaggio spesso non é sostenibile economicamente per il basso costo del materiale soprattutto rispetto al volume che viene ad occupare.
La strada di molte di quelle tonnellate di PET purtroppo finisce comunque agli inceneritori, da qui nella combustione enormi quantità di diossina, acido cloridrico e metalli pesanti vengono rilasciate nell’atmosfera mentre almeno 1/3 del materiale bruciato rimane come residuo da smaltire in discarica.
Per non parlare delle bottiglie che vengono abbandonate maldestramente nell’ambiente dove impiegano milioni di anni a decomporsi o sono buttate in mare causando spesso la morte di diverse specie animali tra cui i delfini.
Il potere inquinante del PET è incrementato anche dall’energia che si brucia per produrlo.
Per produrre 1000 bottiglie infatti occorrono 6,2 GJ moltiplicato per 1535 (la quantità prodotta in un anno) si arriva a impiegare 9517 GJ.
E che dire del viaggio che quasi sempre intrapprendono queste bottiglie per arrivare alla tavola dei consumatori.
Nessuno si chiede mai da dove sgorghi l’acqua minerale che beve, promuovendo cosi il traffico di migliaia e migliaia di TIR su e giù per il nostro paese e spesso oltre i confini.
Si calcola infatti che almeno 1/4 dell’acqua minerale ha come destinazione una nazione diversa da quella di origine.
La Volvic (gruppo Danone) prodotta in Francia é molto apprezzata in Irlanda ed Inghilterra, é la più bevuta in Germania ed é la più importata in Giappone, Tailandia e Taiwan, mentre la Tallians, acqua italiana quasi sconosciuta da noi, é una delle più richieste in Francia.
Dal produttore al grossista, dal grossista al commerciante, dal commerciante al consumatore.
Sono tanti i Km percorsi, la benzina o il gasolio bruciato, le tonnellate di ossido di carbonio liberato nell’atmosfera, gli ettolitri di olio esausto da smaltire ecc.ecc.
Chi si lamenta del costo sempre più alto delle acque minerali non sa che il prezzo reale di tutta questa giostra lo sta pagando l’ambiente, e lo sta pagando salato.
Infine per mettere la ciliegina sulla torta…
…siamo proprio sicuri che le grandi aziende multinazionali che sfruttano le falde acquifere lo fanno limitandosi e rispettando l’ambiente in cui operano?
E’ quello che speriamo tutti.
Intanto però a Riardo in Campagna capita che l’acqua sia razionata a più di 2.500 persone mentre nella stessa località la Ferrarelle (società del gruppo Danone) estrae milioni di litri al giorno.
Ogni commento é superfluo.